Il Venezuela ai tempi del Covid tra emergenza e povertà
- Scio me Nescire
- 28 apr 2020
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A Caracas ogni sera si respira un'aria tesa da ormai qualche anno. Il regime di Maduro, proveniente da una palese decadenza del fattore democratico all'interno del governo venezuelano, mette in totale quarantena gli abitanti al fine di rattoppare una situazione che nel nostro paese sembra impensabile (o quasi, per la precisione): la criminalità organizzata, la spudorata corruzione giudiziaria ed economica, la mancanza di manovre di bilancio e di fondi stanziati per il miglioramento delle infrastrutture e della vita pubblica amplificano il pericolo di una possibile catastrofe tra i civili. Dal 2013, dunque, il Venezuela versa in una crisi a 360° che non riesce più a tutelare il cittadino nemmeno nei settori essenziali, compresa la sanità pubblica. Basti pensare che tutto il paese, con un totale di 30 milioni di abitanti, conta solo 200 posti letto in terapia intensiva e più della metà solamente nella capitale, oltre ad una mancanza di medici ed infermieri non indifferente emigrati a causa della stessa crisi che ha dimezzato il PIL della nazione. Il modo più efficace per affrontare il nemico invisibile è dunque, per il governo unilaterale Venezuelano, un isolamento domiciliare forzato, senza pensare ad una rapida soluzione negli ospedali dove mancano persino luce, acqua e igiene. La buona notizia, però, è che tra i malati dichiarati il 50% di questi è guarito, mentre purtroppo 9 sono i deceduti. Ma non pensiamo che sia tutto: considerata la tipologia di governo, la possibilità che i dati reali della pandemia all'interno del paese sia stata in parte omessa rimane viva e, se non la si riesce a gestire a pieno, può risultare catastrofica in ogni campo. In un periodo dove le insurrezioni non possono essere fatte, dove l'acerrimo nemico non è più uno stato opprimente, resta solo da fare tutto il possibile per arginare un problema e scavalcare i restanti.
Di Raffaele Coppola

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