Il ministero della giustizia nella bufera

L'emergenza sanitaria che l'Italia, come il mondo, sta affrontando è alla base di tutte le discussioni a Montecitorio, alla ricerca di soluzioni efficaci per allentare il Lockdown e il disastro socioeconomico. Mi correggo, non tutte. Mi spiego: pochi giorni fa il magistrato antimafia Di Matteo in "Non è l'Arena" ha accusato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, bandiera del M5S, con parole estremamente forti.

Secondo il PM, Bonafede gli avrebbe proposto l'incarico di direttore generale degli affari penali al ministero, ritirando la proposta nel momento in cui lo stesso accetta. La motivazione? Durante i giorni di riflessione, Di Matteo avrebbe ricevuto dal Gom della Polizia Penitenziaria la grande preoccupazione dei clan mafiosi per il ruolo proposto dal Ministro, affermando di essere "spacciati" in caso di adempimento al dovere. Il magistrato, dunque, accusa il ministro pentastellato di corruzione e favoreggiamento mafioso. Non certo una diatriba da caffè, considerato il peso specifico dei due personaggi principali che vedono sempre di più i loro posti vacanti. Nonostante il ministro dichiara di essere esterrefatto per l'atto infamante ricevuto in maniera inaspettata, il centrodestra non ha dubbi: o le dimissioni del ministro o Di Matteo lasci la magistratura per atti diffamatori. Il ministro degli affari esteri, Luigi Di Maio, da buon "compare" di Buonafede va sulle difensive affermando che il ministro "ha dimostrato di avere la testa dritta e di non fermarsi davanti a nessuno, mettendo al primo posto i cittadini contro il nemico di stampo mafioso". Ma se anche un briciolo di ciò che afferma prontamente il magistrato antimafia fosse vero, il governo entrerebbe a far parte di una totale bufera che in questa situazione non può permettersi. C'è da dire, però, che ammettendo sempre per buona quest'ipotesi, la giustizia italiana cadrebbe nella sua incertezza, marcando un'altra pagina nera della sua maledetta storia.