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Sindrome di Kawasaki: malattia da collegare al Coronavirus



Avete mai sentito parlare della sindrome di Kawasaki? Ultimamente casi di questa rara malattia pediatrica si stanno verificando nelle zone di Bergamo, Genova, Lisbona e Londra. Negli ultimi mesi, dice Lucio Verdoni, reumatologo pediatra del Papa Giovanni XIII di Bergamo, "ci siamo accorti che giungevano al pronto soccorso pediatrico diversi bambini che presentavano una malattia nota come Malattia di Kawasaki. In un mese il numero dei casi ha eguagliato quelli visti nei tre anni precedenti". La sindrome di Kawasaki, così definita dal nome del ricercatore giapponese che la identificò, è un tipo di vasculite (infiammazione ai vasi sanguigni) che la maggior parte delle volte colpisce le arterie coronariche; essa tende a presentarsi in neonati e bambini dagli 1 agli 8 anni ed è caratterizzata da febbre prolungata, congiuntivite e infiammazione delle mucose .Talvolta possono svilupparsi aneurismi (dilatazioni) delle arterie coronariche che rompendosi causano l’infarto. Per curarla si usa l'aspirina e immunoglobuline iniettate per via endovenosa a dosaggio elevato. "L'esperienza cinese e i dati dell'epidemia da Covid-19 in Italia hanno evidenziato che i bambini sono meno colpiti e hanno un rischio più basso di sviluppare le gravi complicanze legate all'infezione, prima fra tutte la polmonite interstiziale" spiega Angelo Ravelli, professore ordinario e direttore della Clinica Pediatrica e Reumatologia dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova. Nelle ultime settimane è stato tuttavia segnalato, in particolar modo nelle zone del paese più colpite dall'epidemia da Sars-CoV-2, un aumento della frequenza di bambini affetti dalla malattia di Kawasaki» Questi insoliti casi hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica che ha notato mutazioni di questa sindrome da attribuire al COVID-19. Sempre il prof. Ravelli comunica che in alcuni centri pediatrici la malattia si è presentata con un quadro clinico non tipico e che talvolta riuscisse a resistere ai consueti trattamenti costringendo i medici a ricoverare in terapia intensiva i bambini affetti. Non sempre il tampone ha consentito di identificare con certezza i pochi bambini che hanno in seguito sviluppato il quadro clinico insolito; alcuni pazienti risultati negativi ai tamponi per il virus SARS-CoV-2, hanno poi ottenuto esito positivo alla ricerca degli anticorpi che segnalano l’avvenuta infezione. Non è ancora chiaro se il virus sia il diretto responsabile dello sviluppo di questa malattia o se le forme insolite di quest’ultima rappresentino una patologia simile a quella di Kawasaki; il dottor Ravelli, nonostante queste insicurezze, afferma che l’associazione tra mutazione di sindrome di Kawasaki e Coronavirus non sia affatto una coincidenza, ma che al contrario potrebbe fare spazio all’ipotesi che l’identificazione della sindrome ,avvenuta nel 1967 , sia rimasta adombrata e che è causata da un agente patogeno. Bisogna aggiungere che la presunta affiliazione tra sindrome di Kawasaki e agente patogeno era già stata individuata in passato: sedici anni fa era stata collegata a un altro coronavirus noto con la sigla NL63, anche se il legame non è mai stato dimostrato. Il professor Jan Jones, docente di Virologia all’Università di Reading, in Gran Bretagna, ha dichiarato che il virus NL63 usa lo stesso recettore del Covid19 per infettare gli esseri umani, ma allo stesso modo insiste che è troppo presto per trarre conclusioni. Insomma al momento la comunità scientifica non ha abbastanza dati per poter confermare questa ipotesi seppur tanto accreditata. Resta comunque la grande pericolosità che questa sindrome costituisce per bambini e neonati, e a tal proposito è stata diffusa una lettera in cui si raccomanda ai pediatri particolare attenzione ai sintomi descritti.

Francesco Lo Faro




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