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Riflessione di un ex preside sulla D.a.D.


L’Articolo 2 della nostra carta costituzionale assume una valenza forte nella misura in cui attribuisce alla Repubblica il compito di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo come esistenti già nella persona che proprio per questo va collocata al vertice di tutti valori presenti nel nostro sistema statale. Il diritto, allo studio, alla libertà, all’espressione di pensiero, alla salute in quanto connaturati nell’essere stesso della persona, sono inviolabili sia da altre persone sia dallo stesso Stato. Il riconoscere e il garantire tali diritti significa porre in essere tutte le condizioni affinché tutti ne possano beneficiare in modo sostanziale e non formale. L’uso della DAD vuole garantire questo fondamentale diritto allo studio sancito dalla Costituzione tuttavia è necessario fare delle considerazioni. La didattica a distanza non significa costringere gli studenti a stare tutto il giorno davanti ad uno schermo perché questo lede un altro fondamentale diritto quello alla salute, significa permettere loro di continuare a svolgere le attività scolastiche con modalità diverse. I docenti con senso di responsabilità e seguendo le disposizione del DS dovrebbero organizzare in modo flessibile, durante la settimana, le attività pianificando orari e turnazione delle discipline. Molte fonti infatti denunciano i pericoli a cui si va incontro restando molto tempo davanti al terminale. La scuola ha il compito di garantire la sicurezza e la salute di tutti i lavoratori della scuola, studenti compresi i quali se devono permanere diverse ore davanti ad un terminale rischiano di incorrere in alcuni disturbi visivi e all’apparato muscolo-scheletrico, senza sottovalutare i danni a cui potrebbero incorrere per uno stress continuo. In virtù di ciò ritengo che, fermo restante la disponibilità dei docenti nel fare lezioni a distanza, sia importante riuscire a coinvolgere gli alunni in modo da farli partecipi e protagonisti della loro formazione. Il problema non deve essere quello di portare a compimento il programma indipendentemente da chi ha compreso e chi no, per poter dire “io ho finito il programma ho fatto il mio lavoro”, ma cercare di promuovere una didattica capace di rispondere ai reali bisogni degli alunni di ogni età.


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